Ricorso nell'interesse della Regione Lombardia (codice fiscale n.
80050050154), con sede in Milano - Piazza Citta' di Lombardia  n.  1,
in persona del Presidente pro tempore, dott. Roberto Maroni,  nato  a
Varese il 15 marzo 1955,  rappresentata  e  difesa,  ai  sensi  della
delibera della giunta regionale n. 6848 del  12  luglio  2017  e  per
mandato a margine del presente atto, dall'avv. Maria Lucia  Tamborino
dell'Avvocatura regionale, elettivamente domiciliata presso lo studio
dell'avv. Ulisse Corea in Roma, via di Villa Sacchetti, 9. 
    (Si indica il recapito di fax e l'indirizzo di posta  elettronica
certificata  del  legale  domiciliatario  avv.  Ulisse  Corea:   fax:
06-36001570; pec: ulissecorea@ordineavvocatiroma.org). 
    Contro il Governo della Repubblica, in persona del Presidente del
Consiglio dei ministri pro tempore, con sede in Roma  00187,  Palazzo
Chigi - Piazza Colonna n. 370, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  con  domicilio  in  Roma  00186,   via   dei
Portoghesi, 12. 
    Per la dichiarazione di illegittimita'  costituzionale  dell'art.
39 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, coordinato con  la  legge
di conversione 21 giugno 2017, n. 96, recante  «Disposizioni  urgenti
in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti  territoriali,
ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici  e  misure
per  lo  sviluppo»,  pubblicato  nella   Gazzetta   Ufficiale   della
Repubblica italiana, Serie  generale  n.  144  del  23  giugno  2017,
Supplemento ordinario n. 31. 
    1. L'art. 39 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50,  coordinato
con  la  legge  di  conversione  21  giugno  2017,  n.  96,   recante
«Disposizioni urgenti in materia  finanziaria,  iniziative  a  favore
degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite  da
eventi sismici e misure per  lo  sviluppo»,  viene  a  riguardare  la
materia  dei   «trasferimenti   regionali   a   province   e   citta'
metropolitane  per  funzioni  conferite»,  stabilendo  che   per   il
quadriennio 2017-2020, una quota del 20% del fondo nazionale  per  il
concorso finanziario dello Stato agli oneri  del  trasporto  pubblico
locale di cui all'art. 16-bis, comma 1, del  decreto-legge  6  luglio
2012, n. 95, sia  riconosciuta  alle  singole  regioni  che  ne  sono
destinatarie, solo «a condizione che la regione entro il 30 giugno di
ciascun anno abbia certificato, in conformita' alla  legge  regionale
di attuazione dell'Accordo sancito tra Stato e  regioni  in  sede  di
Conferenza unificata dell'11 settembre 2014, l'avvenuta erogazione  a
ciascuna provincia e citta' metropolitana del  rispettivo  territorio
delle risorse per l'esercizio delle funzioni ad esse conferite». 
    Detta disposizione dispone, inoltre,  che  la  certificazione  di
ciascuna regione sia  «formalizzata»  tramite  Intesa  in  Conferenza
unificata entro il 10 luglio di ogni anno e che, in caso  di  mancata
intesa, il «riconoscimento in favore della regione interessata» venga
deliberato dal Consiglio dei ministri, su proposta  del  Dipartimento
per gli affari regionali. Tutto cio', dichiara la norma, «ai fini del
coordinamento della finanza pubblica». 
    Nel caso in cui le regioni non certifichino quanto  previsto  nel
medesimo comma e non si raggiunga l'Intesa in  Conferenza  unificata,
il comma 1 dell'art. 39 in parola sottintende  che  possa  anche  non
procedersi   al   riconoscimento   alla   Regione   interessata   del
trasferimento statale per una percentuale pari al 20%  delle  risorse
del Fondo per il trasporto pubblico locale altrimenti  spettante.  La
disposizione impugnata prevede che la decisione circa  il  versamento
dell'ultimo 20% sia oggetto di determinazione  della  Presidenza  del
Consiglio dei ministri alla quale il  legislatore  non  appone  alcun
vincolo ne' di tempi da rispettare ne' di obiettivi. 
    Tale  interpretazione  e'  stata  avvalorata  dalla   Commissione
armonizzazione  contabile  degli  enti  territoriali -   (Commissione
Arconet) - di cui all'art. 3-bis, decreto legislativo 23 giugno 2011,
n. 118 e successive modificazioni che e' stata  istituita  presso  il
Ministero dell'economia e delle finanze, con il compito di promuovere
l'armonizzazione dei sistemi contabili e  degli  schemi  di  bilancio
degli enti territoriali e dei loro organismi e enti  strumentali.  Le
regioni hanno formulato apposito quesito circa  l'interpretazione  da
dare all'art. 39 in  esame  anche  in  ordine  alla  possibilita'  di
accertare le somme a bilancio delle regioni ma la risposta  e'  stata
negativa: «l'entrata sara' accertata a  seguito  della  registrazione
dell'impegno da parte del bilancio dello Stato.  A  maggior  ragione,
nelle more dell'intesa e della delibera della PCM, il 20%  del  fondo
nazionale trasporti non puo' essere accertato. Nel  caso  in  cui,  a
seguito della mancata intesa e della proposta  del  Dipartimento  per
gli affari regionali, la Presidenza del Consiglio non riconosca  alla
regione il 20 per cento del fondo...  sara'  necessario  ridurre  gli
stanziamenti di bilancio  riguardanti  l'entrata  ...,  con  apposita
variazione di bilancio.». 
    In proposito, vedasi il punto 5 verbale della  seduta  14  giugno
2017 (in all.). 
    Viene  incisa,  senza  alcun  dubbio,  la  competenza   residuale
regionale in Materia di trasporto pubblico locale - in seguito, «TPL»
- di cui all'art. 117, comma 4, della Costituzione: la Presidenza del
Consiglio dei ministri ha facolta' di poter  disporre  in  ordine  al
trasferimento  delle  risorse  destinate  alle  regioni   dal   Fondo
nazionale  trasporti  di  cui   all'art.   16-bis,   comma   1,   del
decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 - per  un  importo  pari  al  20%;
detta facolta' puo' anche  tradursi  nel  mancato  riconoscimento  di
dette somme altrimenti destinate alle  regioni  dal  Ministero  delle
infrastrutture e trasporti. 
    2. L'applicazione dell'art. 39 in parola,  vigente  gia'  dal  23
giugno 2017, si ritiene contenga -  di  conseguenza  -  una  soda  di
sanzione  consistente  nella  riduzione  all'80%  del   trasferimento
«certo» della quota spettante  ad  ogni  singola  Regione  del  Fondo
nazionale trasporto pubblico locale di cui all'art. 16-bis, comma  1,
del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95. 
    Come riconosciuto  dalla  Commissione  Arconet,  le  regioni  non
possono procedere all'accertamento in Bilancio che di  una  somma  di
importo pari  appunto  dell'80%  della  quota  sopra  descritta,  con
conseguente trasferimento agli enti locali di  queste  sole  risorse.
Per l'anno in corso, le quote, - che vengono versate mensilmente agli
enti locali e alle agenzie TPL, nel caso della  Lombardia,  per  come
diremo in seguito - dovranno di certo essere  rideterminate,  perche'
erano  state  finora  calcolate  facendo  riferimento   all'ammontare
complessivo delle risorse pari al 100% e  non  all'80%,  come  invece
impone,  oggi,  la  novella  che  si  viene  pertanto  ad  impugnare,
chiedendone  al  contempo  la  sospensione.   Infatti,   il   mancato
trasferimento in tempi certi delle  risorse  statali  ed  il  mancato
accertamento a Bilancio -  lo  si  ribadisce,  porta  le  regioni  ad
autodeterminarsi - sul piano legislativo ed  amministrativo  -  sulla
base delle risorse «certe» ovvero sulla  base  di  risorse  decurtate
all'80%,  compromettendo  cosi'  l'esercizio  dei  servizi  TPL  -  e
l'intera organizzazione dello svolgimento di tali servizi all'interno
dei bacini territoriali ottimali e omogenei  definiti  -  per  quanto
riguarda  l'ordinamento  regionale  della  Lombardia  -  dalla  legge
regionale 4 aprile 2012, n. 6. 
    3. L'art. 39, comma 1, piu' volte  citato  fa  riferimento  «alla
legge regionale  di  attuazione  dell'Accordo  sancito  tra  Stato  e
regioni in sede di  Conferenza  unificata  dell'11  settembre  2014»,
L'Accordo (in allegato) riguarda  il  «processo  di  riordino»  delle
funzioni non fondamentali delle province previsto dall'art. 1,  comma
89, della legge n. 56 del 7  aprile  2014.  Di  interesse,  sono  gli
articoli 15 e 16 dell'Accordo ad oggetto gli effetti anche finanziari
derivanti  dal  trasferimento  delle  funzioni;  dette   disposizioni
vengono a connotarsi per il continuo richiamo  alla  condivisione  di
«metodologie per la ricognizione delle spese necessarie alla gestione
delle funzioni oggetto del trasferimento». 
    Per Regione Lombardia,  l'accordo  e'  stato  attuato  con  legge
regionale  8  luglio  2015,  n.  19  (art.  2  recante  le  «funzioni
confermate  in  capo  alle  province»)  e  con  la  successiva  legge
regionale 12 ottobre 2015, n. 32 che e' venuta a  meglio  valorizzare
l'accordo con riguardo alle citta' metropolitane (articoli 2 e 3). 
    Le norme  finanziarie  prevedono  le  risorse  da  trasferire  «a
ciascuna provincia e citta' metropolitana ... per  l'esercizio  delle
funzioni ad esse conferite», ai sensi del citato accordo; tra esse vi
sono anche le risorse da erogare per il TPL (v.  art.  10,  comma  2,
della legge regionale n. 19/2015 e art. 12 della legge  regionale  n.
32/2015): le stesse risorse per il TPL che  di  derivazione  statale,
sono, oggi, «bloccate» in attesa  della  certificazione  ex  art.  39
decreto-legge n. 50/2017. 
    Le  risorse  complessivamente  previste  dalle  leggi   regionali
attuative dell'accordo, ammontano a complessivi 195 mln di euro annui
di cui buona parte sono per il TPL, come puo' vedersi dal  successivo
schema: 
        Le risorse previste risultano cosi' composte:  (DGR  n.  4117
del 2 ottobre 2015): 
          € 152.554.114 per TPL, 
          € 15.000.000 per Agricoltura, 
          € 15.000.000 per Formazione professionale, 
          € 12.454.846 per le ulteriori funzioni regionali delegate 
          Totale: € 195.000.000 
    Viene successivamente sottoscritta l'Intesa 15 dicembre 2015  tra
Regione  Lombardia,  province  e  Citta'  Metropolitana  di   Milano,
rappresentante  dell'Unione  province  lombarde  (UPL)  e   dell'ANCI
(Associazione  nazionale  comuni  italiani)  Lombardia;  il  punto  2
dell'Intesa stabilisce che le risorse di cui sopra coprono  le  spese
per le funzioni regionali delegate fino all'anno  2018,  incrementate
di  20  mln  di  euro:  esse,  dichiarano  gli  enti  sottoscrittori,
«soddisfano integralmente  qualsiasi  richiesta  e  fabbisogno  delle
Province in relazione all'esercizio delle funzioni delegate». 
    Con la DGR n. 4605 del 17 dicembre 2015 di presa atto dell'Intesa
del 15 dicembre 2015, si precisa che i € 20 mln. di  euro  aggiuntivi
sono assegnati al TPL. 
    Nel corso del 2016  le  risorse  di  €  15.000.000  previste  per
l'Agricoltura,  e  le  risorse  di  €  15.000.000  previste  per   la
Formazione professionale sono decurtate in considerazione  del  fatto
che le funzioni amministrative in dette materie  vengono  riassorbite
da Regione Lombardia (cfr. Intesa 15/12 del 2015, punto  2).  Con  la
DGR 5540 del 2 agosto 2016, sono riconosciute  complessivamente  alle
province e Citta' Metropolitana di Milano, per il 2016, € 28.917.636,
«per le ulteriori funzioni regionali delegate», integrando le risorse
con € 16.471.790,88 di avanzi svincolati. Queste ultime risorse  sono
di certo aggiuntive per l'anno 2016 tanto da  essere  state  previste
solo a seguito dell'assestamento di bilancio a meta' anno  2016  ergo
le somme destinate a funzioni che non siano relative al TPL sono solo
di € 12.454.846  (per  le  ulteriori  funzioni  regionali  delegate),
mentre le risorse destinate al TPL sono di € 152.554.114. 
    L'irragionevolezza  e  la  non   proporzionalita'   della   norma
impugnata e' di tutta evidenza: si chiede che entro il 30  giugno  di
ogni anno, siano trasferite tutte le  risorse  da  parte  di  Regione
Lombardia agli enti locali, quando la  quota  maggioritaria  riguarda
proprio il TPL, ovvero i servizi per i  quali  lo  Stato  prevede  di
trasferire alle  regioni,  entro  il  30  giugno,  solo  l'80%  delle
risorse, assoggettando oltre tutto il  restante  20%  alla  descritta
certificazione e alle determinazioni del Governo che potrebbero avere
qualsivoglia contenuto... anche quello di mancato trasferimento. 
    Inoltre, l'art. 39  in  esame  pare  in  violazione  dell'Accordo
richiamato dalla disposizione, per avere vincolato la sua  attuazione
ad adempimenti estranei ad esso e quindi,  in  carenza  del  consenso
della Parte regionale. 
    Occorre, poi, evidenziare come i servizi TPL siano stati affidati
dagli enti locali, a seguito di procedure concorsuali, sulla base  di
contratti di servizio, sottoscritti da societa' - in  Lombardia,  per
lo piu' da aziende private - su presupposti  normativi  ed  economici
che oggi sono messi in discussione dall'art. 39 piu' volte citato.  I
contratti, oggi in corso di esecuzione,  fissano  corrispettivi  gia'
«limati» in sede di gara che potrebbero addirittura non  essere  piu'
pagati dal mese di settembre alla fine del  2017,  perche'  gli  enti
gestori - in Lombardia, enti locali e agenzie per il TPL  (costituite
ed operative ai sensi dell'art. 7 della legge regionale n. 6/2012)  -
non riceverebbero da Regione Lombardia i contributi  mensili  per  la
copertura dei corrispettivi. La mancata copertura  del  corrispettivo
contrattuale - anche solo per un periodo - sara' fonte di contenzioso
con  le  aziende  titolari  dei  contratti,  in  quanto  non  essendo
rispettati i tempi di pagamento previsti, non  possono  garantire  la
gestione del servizio oltre alla copertura delle spese del  personale
e l'ammortamento degli investimenti effettuati. 
    Non garantendo poi la  stabilita'  delle  risorse  nel  tempo,  a
partire dal 2018, non si avra' piu' una efficace programmazione degli
interventi, con la stipula di contratti di servizio  pluriennali  che
permettano alle societa' contraenti di «programmare» investimenti sui
mezzi e sul personale, e l'introduzione da parte di Regione Lombardia
di quei innovativi criteri di riparto del  Fondo  nazionale  previsti
proprio dal decreto-legge n. 50/2017, se pur all'art. 27. 
    In sintesi, la norma impugnata appare lesiva delle  competenze  e
delle funzioni regionali sia con riguardo alla  competenza  residuale
regionale in materia di TPL, ma anche con riferimento alle competenze
e funzioni amministrative relative ad altre materie  che  sono  state
disciplinate con l'Accordo di cui all'art. 39  in  esame,  venendo  a
incidere ed interferire nei rapporti istituzionali delle regioni  con
gli enti locali (e per Lombardia, anche con le agenzie TPL) oltreche'
nell'attivita' contrattuale di questi ultimi con le aziende TPL. 
    La norma appare, poi,  lesiva  dei  principi  di  ragionevolezza,
proporzionalita', legittimo affidamento e buon amministrazione. 
    Tutto cio' premesso, con il presente ricorso, Regione  Lombardia,
come  in  atti  rappresentata  e  difesa,  impugna  l'art.   39   del
decreto-legge 24 aprile 2017, n.  50,  coordinato  con  la  legge  di
conversione 21 giugno 2017, n. 96, recante «Disposizioni  urgenti  in
materia finanziaria, iniziative a  favore  degli  enti  territoriali,
ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici  e  misure
per lo sviluppo», per violazione dell'art. 114, commi 1  e  2,  della
Costituzione;  dell'art.  117,  commi  3  e  4,  della  Costituzione;
dell'art.  118,  commi  1  e  2  ;  dell'art.  120,  comma  2,  della
Costituzione; dell'art. 119, commi 1,  2  e  4,  della  Costituzione;
nonche'   per   violazione   del   principio    di    ragionevolezza,
proporzionalita' e legittimo affidamento (art. 3 della  Costituzione)
e del principio del buon andamento dell'azione  amministrativa  (art.
97 della Costituzione). 
 
                               Diritto 
 
    Prima di esporre i singoli motivi di  gravame,  appare  opportuno
formulare alcuni brevi cenni sulla Materia in esame e sullo strumento
del Fondo nazionale trasporti di cui all'art. 16-bis,  comma  1,  del
decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95. 
    La  materia   del   trasporto   pubblico   locale   non   risulta
espressamente  considerata  dall'art.  117  della  Costituzione   che
dispone in ordine ai criteri di  ripartizione  delle  competenze  tra
Stato, regioni e autonomie locali: essa non figura ne' tra le materie
rimesse alla competenza esclusiva dello  Stato,  di  cui  al  secondo
comma dell'art. 117, ne' tra quelle di legislazione  concorrente,  di
cui al successivo terzo comma della disposizione costituzionale. 
    Per quanto concerne la disciplina dei trasporti,  il  nuovo  art.
117 individua tra le materie  di  legislazione  concorrente  l'ambito
materiale delle «grandi reti di trasporto e di navigazione» e  «porti
ed aeroporti civili», non risultando  altri  riferimenti  diretti  ai
trasporti, e specificamente al trasporto pubblico locale. 
    La  materia  rientra,  quindi,   nell'ambito   della   competenza
residuale delle regioni richiamata dall'art. 117,  quarto  comma,  in
virtu' del quale «spetta alle Regioni  la  potesta'  legislativa  con
riferimento  ad  ogni  materia  non  espressamente   riservata   alla
legislazione dello Stato». 
    Peraltro, la materia dei trasporti presenta a volte  connessioni,
sotto vari profili,  con  discipline  che  appaiono  riconducibili  a
materie attribuite alla legislazione esclusiva dello  Stato,  tra  le
quali si ricordano, in particolare, la  «tutela  della  concorrenza»,
per quanto attiene alle modalita' di gestione e  di  affidamento  del
trasporto   pubblico   locale,   «ordine   pubblico   e   sicurezza»,
«determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni  concernenti
i diritti civili e sociali che devono essere garantiti  su  tutto  il
territorio nazionale», «tutela dell'ambiente» (cfr. art.  117,  comma
2, lettera h), m),  s)  della  Costituzione).  Nella  fattispecie  in
esame, trattandosi della contribuzione  al  TPL,  non  si  presentano
connessioni  con  altre  materie,  rientrando  la   materia   oggetto
dell'art. 39 nell'ambito della competenza residuale regionale. 
    Dall'analisi dell'art. 117, comma 4, della Costituzione  e  della
giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte, si ricava  che  il  trasporto
pubblico locale costituisce una competenza esclusiva  delle  regioni.
Ciascuna  Regione,  quindi,  nell'ambito  della  propria   competenza
esclusiva  ha  disciplinato  la   materia,   con   legge   regionale,
trasferendo  eventualmente  in  capo  agli  enti  locali  (comuni   e
province) la competenza alla regolazione della materia e quindi anche
le risorse per il finanziamento dei servizi di rispettiva  competenza
e l'attivazione di tutti gli strumenti, anche  contrattuali,  per  il
suo esercizio. 
    In ispecie, la Regione Lombardia - anche in attuazione  dell'art.
3-bis, comma 1, del decreto-legge 13 agosto 2011, n.  138  (Ulteriori
misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo  sviluppo)
convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n.  148
- con la legge regionale Lombardia 4 aprile 2012, n.  6,  «Disciplina
del settore dei trasporti», ha suddiviso il territorio della  Regione
in sei  bacini  territoriali  ottimali  e  omogenei,  istituendo,  in
ciascuno dei bacini, una Agenzia per il  trasporto  pubblico  locale,
quale strumento per l'esercizio associato delle funzioni  degli  enti
locali (province e comuni capoluogo) in  materia  di  programmazione,
organizzazione, monitoraggio, controllo e promozione dei  servizi  di
trasporto pubblico locale (art. 7). 
    La legge n. 56/2014 ha previsto, tra l'altro, il  riordino  delle
funzioni  provinciali  ed  un  nuovo  modello   ordinamentale   delle
province, definite quali «enti territoriali di area vasta»  approvata
«in attesa della riforma del  Titolo  V  della  parte  seconda  della
Costituzione e delle relative norme di attuazione». 
    Pur contenendo la legge n. 56/2014 un  riassetto  delle  funzioni
delle province, essa non ha determinato il  superamento  della  legge
regionale sul TPL che attua una precisa richiesta di legge statale in
materia di programmazione  regionale,  individuando  l'Agenzia  quale
ente di governo del servizio all'interno del bacino  territoriale  di
riferimento (art. 3-bis del decreto-legge n. 138/2011). Sono comunque
soci necessari delle agenzie gli enti locali, finora  titolari  delle
funzioni TPL. 
    La norma impugnata fa poi riferimento al «Fondo nazionale per  il
concorso finanziario dello Stato agli oneri  del  trasporto  pubblico
locale,  anche  ferroviario,  nelle  regioni  a  statuto   ordinario»
previsto dall'art. 16-bis, comma 1, del decreto-legge 6 luglio  2012,
n. 95 - convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012,  n.
135 - e cosi' come sostituito dal comma 301 dell'art. 1  della  legge
n. 228 del 24 dicembre  2012  «Disposizioni  per  la  formazione  del
bilancio annuale e  pluriennale  dello  Stato  (Legge  di  stabilita'
2013)». 
    Il Fondo e' stato istituito con decorrenza dal 1°  gennaio  2013.
Tale Fondo e' destinato al finanziamento  dei  servizi  di  trasporto
pubblico sia su gomma che su ferro,  andando  a  sostituire  in  gran
parte le  precedenti  fonti  di  finanziamento  statali,  cosi'  come
ulteriori fonti gia' fiscalizzate in passato. 
    Tra esse, le accise sul gasolio (art. 16-bis, comma 1, lettera b)
che sono calcolate anche su quelle riscosse in Lombardia. 
    L'art. 16-bis definisce le fonti di  finanziamento  del  Fondo  e
prevede  apposito  procedimento  per   la   loro   determinazione   e
ripartizione con l'adozione di specifici decreti del  Presidente  del
Consiglio dei ministri per l'individuazione dei  criteri  di  riparto
del Fondo tra le regioni a statuto ordinario. 
    I  commi  5  e  6  dell'art.  16-bis  prevedono  quale   sia   il
procedimento per il trasferimento delle risorse del Fondo di  cui  al
precedente comma 1: 
    «5.  Con  decreto  del  Ministro  delle  infrastrutture   e   dei
trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze,
da emanare, sentita la Conferenza unificata, entro il  30  giugno  di
ciascun anno, sono ripartite le risorse del Fondo di cui al comma  1,
previo espletamento delle verifiche effettuate sugli effetti prodotti
dal piano di  riprogrammazione  dei  servizi,  di  cui  al  comma  4,
nell'anno precedente. Per l'anno 2013 il  riparto  delle  risorse  e'
effettuato sulla base dei criteri  e  delle  modalita'  previsti  dal
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma  3,
previa adozione del piano di riprogrammazione di cui al  comma  4  da
parte delle regioni a statuto ordinario. 
    6. Nelle more dell'emanazione del decreto di cui al comma 5,  con
decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di  concerto  con
il  Ministro  delle  infrastrutture  e  dei  trasporti,  sentita   la
Conferenza unificata, e' ripartito a titolo di anticipazione  fra  le
regioni a statuto ordinario il 60 per cento  dello  stanziamento  del
Fondo di cui al  comma  1.  Le  risorse  ripartite  sono  oggetto  di
integrazione, di saldo o di compensazione con gli anni  successivi  a
seguito dei risultati delle verifiche di cui al comma 3, lettera  e),
effettuate attraverso gli  strumenti  di  monitoraggio.  La  relativa
erogazione a favore delle regioni a statuto ordinario e' disposta con
cadenza mensile». 
    Il primo  decreto  e'  stato  adottato  in  data  11  marzo  2013
(pubblicato nella Gazzetta Ufficiale  il  26  giugno  2013)  e  nella
Tabella 1 ad esso allegata, ha individuato le quote  di  riparto  del
Fondo per ciascuna Regione. 
    Piu' precisamente tali  quote  non  derivano  da  un  insieme  di
criteri di riparto specifici e di nuova individuazione, ma sono state
ottenute ex post, in base alla combinazione dei riparti  dei  singoli
addendi che sono andati a costituire il Fondo stesso  (elencati  alle
lettere a, b, e c del comma 1 dell'art. 16-bis citato). 
    Questo  ha  portato  ad  alcune  criticita',  specie  per  alcune
regioni, in quanto gli addendi di  partenza  utilizzavano  mediamente
criteri di riparto ormai datati (ad esempio riferiti al 1999  per  le
risorse  precedentemente  facenti  capo   a   Trenitalia).   Riguardo
all'erogazione alle regioni, il medesimo decreto prevede inoltre che: 
        una quota del Fondo pari al 90% e' erogata alle  regioni,  in
base alle percentuali della Tabella 1, indipendentemente da ulteriori
valutazioni; 
        la quota residua del 10% del Fondo e' erogata  alle  regioni,
con le medesime percentuali, ma a condizione che la  singola  Regione
abbia raggiunto alcuni obiettivi, elencati all'art. 1 del decreto del
Presidente del Consigio dei ministri 11 marzo 2013 (efficientamento e
razionalizzazione del complesso dei servizi di TPL anche ferroviario,
misurato   attraverso   indicatori   quali   rapporto   ricavi/costi,
passeggeri  trasportati,  livelli  occupazionali   appropriati).   Si
evidenzia come detti obiettivi siano relativi al TPL. 
    Per Regione Lombardia la quota di cui alla Tabella 1 del  decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri  11  marzo  2013  risultava
pari al 17,30%. 
    In sede di Conferenza unificata  del  5  agosto  2014  (ai  sensi
dell'art. 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei  ministri 11
marzo 2013), le aliquote di riparto del Fondo  tra  le  regioni  sono
state modificate, sia pure in entita' minimale,  in  quanto  per  una
piccola quota del Fondo, riconducibile alle  risorse  precedentemente
in capo a Trenitalia, si e' aggiornata la produzione  kilometrica  di
riferimento al valore del 2010. 
    A seguito di tale modifica in particolare per  Regione  Lombardia
la quota del Fondo e' passata dal 17,30%  al  17,36%.  Tali  aliquote
sono rimaste invariate per le successive annualita' 2015 e  2016;  di
conseguenza l'art. 4 del decreto del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri 11 marzo 2013, che prescriveva tra  l'altro  un  adeguamento
triennale delle percentuali della Tabella 1, non  ha  finora  trovato
attuazione. 
    Per meglio comprendere l'assunto del  presente  ricorso,  occorre
avere riguardo anche ad altra norma contenuta  nel  decreto-legge  24
aprile 2017, n. 50, coordinato con la legge di conversione 21  giugno
2017, n. 96, ovverossia  l'art.  27  recante  «Misure  sul  trasporto
pubblico locale». Detta disposizione  ridetermina  la  dotazione  del
Fondo nazionale di cui all'art. 16-bis, comma 1, del decreto-legge  6
luglio 2012, n. 95 ed a decorrere dall'anno 2018, prevede un  diverso
procedimento per il trasferimento delle risorse,  abrogando  altresi'
il  comma  6   dell'art.   16-bis   che   sopra   abbiamo   riportato
integralmente. 
    Al comma 2 dell'art. 27 e' stabilito che a partire dall'anno 2018
il riparto del Fondo nazionale di cui all'art. 16-bis, comma  1,  del
decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, e' effettuato entro il 30  giugno
di ogni anno, con decreto del Ministro  delle  infrastrutture  e  dei
trasporti. Quindi, a partire dal 30 giugno 2018, si  prevede  che  le
risorse statali destinate al TPL siano ripartite per  l'intero.  Tale
riparto - lo si sottolinea - verra' effettuato con determinazione del
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti quando poi  l'art.  39
in esame  prefigura  una  competenza  in  capo  alla  Presidenza  del
Consiglio dei ministri circa il riconoscimento del 20% delle  risorse
previamente  decise  da  altro  Dicastero.  La  disposizione  di  cui
all'art. 39 in esame, risulta perplessa sotto tale profilo. 
    Al medesimo comma 2 si fissano i criteri di  riparto,  stabilendo
poi alla lettera e) che «in ogni  caso,  al  fine  di  garantire  una
ragionevole  certezza  delle  risorse  finanziarie  disponibili,   il
riparto derivante dall'attuazione delle lettere da a) a d)  non  puo'
determinare per ciascuna regione una  riduzione  annua  maggiore  del
cinque  per  cento   rispetto   alla   quota   attribuita   nell'anno
precedente... Nel primo quinquiennio di applicazione il  riparto  non
puo' determinare per ciascuna regione una  riduzione  annua  maggiore
del 10 per cento rispetto alle risorse trasferite nel 2015...». 
    Al successivo comma 3, il legislatore tiene a precisare  che  «al
fine di  garantire  un'efficace  programmazione  delle  risorse,  gli
effetti finanziari sul riparto del Fondo derivanti  dall'applicazione
delle  disposizioni  di  cui  al  comma  2  si  verificano  nell'anno
successivo...». 
    Al successivo comma 4, si prevede  l'aumento  dal  60  (per  come
previsto  dall'art.  16-bis  istitutivo  del  Fondo)  all'80%   delle
anticipazioni di cassa sul Fondo nazionale trasporti da ripartire fra
le regioni entro il  15  gennaio  di  ciascun  anno:  il  legislatore
nazionale, per un verso, quindi, interviene a favore del settore  dei
trasporti anche per ridurre  i  tempi  di  pagamento  della  pubblica
amministrazione verso i fornitori, per altro verso, in ragione  della
norma  impugnata,   vanifica   completamente   l'effetto   di   detto
intervento, compromettendo anche il  raggiungimento  da  parte  delle
regioni degli indicatori di efficienza ed efficacia  che  l'art.  27,
comma 2, ha introdotto per il riparto del fondo in  questione,  cosi'
da creare le condizioni per ulteriori tagli nei prossimi anni. 
    Dal combinato disposto dell'art. 27 e dell'art. 39 risulta che le
regioni non possano  beneficiare  dell'anticipazione  dell'80%  dello
stanziamento del fondo, ma di un'anticipazione del 64% (ossia di  una
cifra pari all'80% decurtata di un accantonamento pari al 20%); tutto
cio' a decorrere dall'anno  2018,  in  quanto  per  il  2017,  verra'
assegnata nel mese di luglio la  sola  quota  del  60%  a  titolo  di
anticipazione dello  stanziamento  dell'intero  ammontare  del  Fondo
nazionale. Ad  oggi  risulta  adottato  il  decreto  ministeriale  di
anticipazione della quota del 60% del Fondo nazionale (pari  a  oltre
498 mln euro per Regione Lombardia), oltre a due decreti di pagamento
in tranche della  quota  sopra  citata,  mentre  non  risulta  ancora
adottato il decreto relativo alla quota di  riparto  complessiva  del
Fondo. 
    Tanto sopra esposto, si procede  all'esposizione  dei  motivi  di
ricorso: 
1. Illegittimita' costituzionale dell'art. 39  del  decreto-legge  24
aprile 2017, n. 50, coordinato con la legge di conversione 21  giugno
2017, n. 96, recante «Disposizioni urgenti  in  materia  finanziaria,
iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per
le zone colpite da eventi sismici e  misure  per  lo  sviluppo»,  per
violazione  dei   principi   di   ragionevolezza,   proporzionalita',
illogicita' e di  legittimo  affidamento  di  cui  all'art.  3  della
Costituzione  e  del  principio   di   buon   andamento   dell'azione
amministrativa di cui all'art. 97 della Costituzione. 
    Regione Lombardia ritiene che  l'art.  39  del  decreto-legge  24
aprile 2017,  n.  50  sia  lesivo  delle  prerogative  regionali  per
incidere sull'esercizio delle competenze legislative e delle funzioni
amministrative in materia del trasporto pubblico locale e  quindi  ed
in  particolare,  lesivo  dell'art.  97   della   Costituzione,   per
violazione   del   principio   di    buon    andamento    dell'azione
amministrativa,   in   ragione   del   grave   pregiudizio   arrecato
all'erogazione di un servizio fondamentale come quello del  Trasporto
pubblico locale, con la previsione di un procedimento ad hoc  per  il
riconoscimento  di  risorse  finanziarie  altrimenti  spettanti  alle
regioni, in via diretta ed  automatica,  per  stessa  previsione  sia
dell'art. 16-bis, comma I, del decreto legge 6 luglio 2012, n.  95  -
convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 -  e
cosi' come sostituito dal comma 301 dell'art. della legge n. 228  del
24 dicembre 2012 - istitutivo  del  Fondo  nazionale  trasporti,  sia
dell'art. 27 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, coordinato  con
la legge di conversione 21 giugno 2017,  n.  96,  che  sopra  abbiamo
richiamato e descritto, con vigenza dall'anno 2018. 
    Entrambi le norme non prevedono  ne'  hanno  mai  previsto  alcun
preventivo procedimento di certificazione ne' prevedono che una quota
delle  risorse  statali  altrimenti  spettanti  siano  rimesse   alle
determinazioni della Presidenza del Consiglio  dei  ministri,  mentre
tutto il procedimento di riparto  del  Fondo  e'  di  competenza  del
Ministero  delle  infrastrutture  e  trasporti  di  concerto  con  il
Ministero delle finanze. L'art. 27 citato stabilisce degli  obiettivi
e  dei  criteri  sulla  cui  base  sanzionare  le  regioni   con   la
decurtazione di una percentuale massima del 5%  rispetto  alla  quota
attribuita  per  l'anno  precedente.  La   norma   impugnata   lascia
intravedere la possibilita' che  addirittura  il  20%  delle  risorse
previste possa non essere erogata alla  Regione  che  non  riesca  ad
ottenere l'intesa. 
    In secondo luogo, il principio di buon andamento si ritiene  leso
anche in ragione della farraginosita' ed  iniquita'  del  particolare
procedimento  previsto  dall'art.  39  il  quale  necessita  di   una
condivisione  ampia  anzi  ...  unanime  il  che  rende  estremamente
difficoltoso il raggiungimento di un'intesa in Conferenza  unificata;
e cio' anche per le regioni  piu'  virtuose.  Si  lascia  poi  ad  un
organismo politico la decisione su una certificazione  che  per  come
prevista,  appare   un   atto   esclusivamente   tecnico-finanziario.
Quest'ultima   previsione   concreta   un   ulteriore   profilo    di
illegittimita' della norma di che trattasi. 
    Da ultimo, tale procedimento,  costringe  le  regioni  -  gia'  a
decorrere dal 2017  -  ad  operare  l'accantonamento  del  20%  delle
risorse senza che gli  enti  e  le  aziende  esercenti  servizio  TPL
abbiano   potuto   procedere   preventivamente    alle    conseguenti
riprogrammazioni/riduzioni dei servizi. 
    Inutile dire che il principio di buona amministrazione e' messo a
repentaglio da una disposizione siffatta che per imporre l'erogazione
agli enti locali delle risorse spettanti per le  funzioni  conferite,
mette a rischio lo stesso svolgimento di una di tali funzioni, quella
del trasporto pubblico, che per  essere  servizio  pubblico,  con  la
previsione - a livello comunitario - di  livelli  minimi  essenziali,
dovrebbe a  maggior  ragione  essere  salvaguardata  dal  legislatore
nazionale. 
    La violazione del principio di buon andamento appare ancora  piu'
chiara se si considera la finalita' per la quale e' stato  costituito
il fondo  di  cui  all'art.  16-bis  del  decreto-legge  n.  95/2012:
soddisfare «esigenze di omogeneita' nella fruizione del servizio  che
rispondono  [anche]  ad  inderogabili  esigenze  unitarie»  e  quindi
«assicurare un livello uniforme di godimento  [di]  diritti  tutelati
dalla Costituzione» in un contesto di  grave  crisi  economica  e  di
perdurante inattuazione dell'art.  119  della  Costituzione  (in  tal
senso sentenza della Corte costituzionale n. 273/2013). 
    Ulteriore violazione del principio del buon andamento dell'azione
amministrativa si ravvisa nella circostanza che le nuove disposizioni
a) si ripercuotono  sui  contratti  di  servizio  gia'  sottoscritti,
creando cosi' le  condizioni  per  l'insorgere  di  controversie,  b)
rendono incerta la programmazione dei servizi  da  parte  degli  enti
competenti  che  viene  confermata/definita  in   tempo   utile   per
l'esercizio  del  servizio  dell'anno  successivo   con   conseguente
adozione di  provvedimenti  di  interruzione  di  pubblico  servizio,
mentre l'assegnazione delle risorse (anche della quota  a  titolo  di
anticipazione) interviene sempre in tempi non congrui, nonche'  degli
investimenti  sottesi   il   cui   ammortamento   e'   compreso   nel
corrispettivo del servizio, c) complicano notevolmente e rendono poco
trasparente  il  sistema  di  finanziamento  del  trasporto  pubblico
locale, d) non consentono  un'efficace  programmazione  dell'utilizzo
delle risorse, e) con  l'obiettivo  di  salvaguardare  gli  equilibri
finanziari  delle   province,   provocano   in   realta'   gravissime
conseguenze sanzionatorie in grave danno anche delle province qualora
le stesse siano titolari di contratti di servizio di TPL. 
    Detto procedimento prevede poi termini stringenti per le  regioni
e per la Conferenza unificata mentre non prevede  un  termine  ultimo
per il riconoscimento delle  risorse  in  capo  alla  Presidenza  del
Consiglio dei ministri il che induce a ritenere che l'erogazione  del
20% delle risorse possa avvenire in termini non certi per le regioni,
con evidenti riflessi sulla  gestione  delle  risorse  in  capo  alle
regioni e sulla erogazione dei servizi di trasporto  pubblico  locale
da parte degli enti locali e  delle  agenzie  di  trasporto  pubblico
locale, nel caso della Lombardia. Il mancato trasferimento  in  tempi
certi delle risorse statali ed il mancato  accertamento  a  Bilancio,
porta ciascuna Regione ad autodeterminarsi - sul piano legislativo ed
amministrativo - sulla base delle risorse «certe» ovvero  sulla  base
di risorse decurtate all'80%, compromettendo  cosi'  l'esercizio  dei
servizi TPL e  l'intera  organizzazione  dello  svolgimento  di  tali
servizi all'interno  dei  bacini  territoriali  ottimali  e  omogenei
definiti  -  per  quanto  riguarda  l'ordinamento   regionale   della
Lombardia - dalla legge regionale 4 aprile 2012, n. 6. 
    Si segnala anche che la lettera e), comma 2, dell'art. 27  citato
prevede che non si possa addivenire ad una riduzione maggiore del  5%
«al  fine  di  garantire  una  ragionevole  certezza  delle   risorse
finanziarie  disponibili»,  il  che   denota   la   irragionevolezza,
contraddittorieta' e illogicita'  della  disposizione  impugnata  che
prevedendo la possibilita' di una riduzione  fino  al  20%,  si  pone
addirittura contro altre disposizioni inserite nel medesimo testo  di
legge. 
    Il principio costituzionale di ragionevolezza si ritiene  violato
anche per l'evidente mancanza di proporzionalita'  e  di  rispondenza
logica rispetto alle finalita' - dichiarate nello stesso art.  39  in
esame  -  di  coordinamento  della  finanza  pubblica:  non  si   sta
ragionando, infatti, dell'imposizione di vincoli  alle  politiche  di
bilancio delle regioni - che siano rispettosi delle condizioni  poste
dalla costante giurisprudenza costituzionale per potersi  configurare
quali principi fondamentali di coordinamento della finanza  pubblica,
ma nei fatti di un'abnorme misura sanzionatoria che fa  ricadere  sul
settore  cruciale  dei  trasporti  le  conseguenze  della   pressione
esercitata sugli equilibri gia' precari della finanza provinciale. 
    Il principio costituzionale di ragionevolezza si ritiene violato,
poi, per  l'evidente  distonia  rispetto  all'art.  27  dello  stesso
decreto-legge laddove al comma 4, si prevede l'aumento dal 60 all'80%
delle  anticipazioni  di  cassa  sul  Fondo  nazionale  trasporti  da
ripartire fra le regioni entro il 15 gennaio di ciascun anno: per  un
verso, quindi, s'interviene a favore del settore dei trasporti  anche
per ridurre i tempi di pagamento della pubblica amministrazione verso
i fornitori, per altro verso  si  vanifica  completamente  lo  stesso
intervento, compromettendo anche il  raggiungimento  da  parte  delle
regioni degli indicatori di efficienza ed efficacia che il  Ministero
delle infrastrutture e dei trasporti ha introdotto per il riparto del
Fondo, cosi' da creare le condizioni per ulteriori tagli nei prossimi
anni. 
    Dal combinato disposto dell'art. 27 e dell'art. 39 risulta che le
regioni non possono  beneficiare  dell'anticipazione  dell'80%  dello
stanziamento del fondo, ma di un'anticipazione del 64% (ossia di  una
cifra pari all'80% decurtata di un accantonamento pari al  20%),  dal
2018, in quanto per il 2017, e' stato emanato il decreto ministeriale
per l'assegnazione ed erogazione (in tranche dal 20 giugno  ed  entro
il 20 agosto 2017) della quota del  60%  a  titolo  di  anticipazione
dello dello stanziamento dell'intero ammontare del  Fondo  nazionale.
La quota accantonata potrebbe essere  «sbloccata»  solo  in  caso  di
raggiungimento dell'intesa in Conferenza unificata o di deliberazione
adottata dal Consiglio dei ministri in base a criteri non definiti. 
    Come  abbiamo  sopra  evidenziato,  le  risorse  complessivamente
previste dall'Intesa del 2015, in attuazione della legge n.  56/2014,
per la Lombardia, ammontano a complessivi 195 mln di  euro  annui  di
cui gran parte  sono  per  il  TPL  (€  152.554.114  mln);  le  somme
destinate a funzioni che non siano relative al TPL da  versarsi  agli
enti locali sono solo di € 12.454.846. 
    Il principio  di  ragionevolezza  -  ma  anche  il  principio  di
legittimo affidamento (sentenze n. 16 del 2017, n. 203  del  2016)  -
sarebbe  leso  perche'  il   legislatore   statale   e'   intervenuto
successivamente all'Accordo sancito tra Stato e regioni  in  sede  di
Conferenza   unificata   dell'11   settembre   2014 -   espressamente
richiamato dall'art. 39 - violandone espressamente  le  clausole  dal
momento che sono previsti  ulteriori  oneri  senza  che  siano  stati
sottoposti alla determinazione consensuale delle parti,  oltre  tutto
oneri che comprometterebbero lo svolgimento delle stesse funzioni che
l'art.  39  vorrebbe  salvaguardare   e   quindi,   il   mantenimento
dell'equilibrio di bilancio, prospettando una riduzione delle risorse
del 20% sul TPL, quando l'art. 27 del medesimo decreto-legge dichiara
di non poter ridurre piu'  del  5%  rispetto  alla  quota  attribuita
nell'anno precedente sempre per il TPL. 
    L'irragionevolezza e la non proporzionalita' della  norma  e'  di
tutta evidenza anche laddove si prevede che entro  il  30  giugno  di
ogni anno, siano trasferite tutte le risorse da parte  delle  regioni
agli enti locali, con la quota di gran  lunga  maggioritaria  per  il
TPL, quando si prevede al contempo che lo Stato destini alle  regioni
solo l'80% delle risorse destinate al TPL assoggettando  il  restante
20%  alla   descritta   certificazione   ed   Intesa   nonche'   alle
determinazioni del Governo, in violazione  dell'art.  27  citato  che
pone limiti alla riduzione delle risorse per il TPL. 
    La norma appare  internamente  contraddittoria  irragionevole  ed
illogica rispetto all'ordinamento in materia di TPL oltreche'  lesiva
delle regole del buon senso e di buona  amministrazione  nonche'  del
legittimo  affidamento  delle   regioni   sulla   base   dell'Accordo
richiamato sempre dalla norma impugnata. 
2. Illegittimita' costituzionale dell'art. 39  del  decreto-legge  24
aprile 2017, n. 50, coordinato con la legge di conversione 21  giugno
2017, n. 96, recante «Disposizioni urgenti  in  materia  finanziaria,
iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per
le zone colpite da eventi sismici e  misure  per  lo  sviluppo»,  per
violazione del principio di leale collaborazione e dell'Intesa di cui
all'art. 114, commi 1 e 2, della  Costituzione,  per  violazione  dei
principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica di  cui
all'art.  117,  comma  3,  della  Costituzione,  per  violazione  dei
principi di attribuzione, sussidiarieta' e  differenziazione  di  cui
agli articoli 118, comma 1, e 120, comma 2, della Costituzione. 
    Regione Lombardia ritiene che la norma impugnata sia lesiva delle
proprie prerogative in materia di  trasporto  pubblico  locale  anche
sotto  il  profilo  della   violazione   del   principio   di   leale
collaborazione e del principio di sussidiarieta'. 
    Il rapporto tra Stato e regioni - per come definito  nella  norma
impugnata - viola il principio  di  leale  collaborazione  «tra  enti
parimenti costitutivi  della  Repubblica  e  riconosciuti  come  enti
autonomi con propri statuti, poteri e  funzioni  secondo  i  principi
fissati dalla stessa Costituzione», quali i principi di attribuzione,
sussidiarieta' e differenziazione per come  declinati  agli  articoli
118, comma 1, e 120, comma 2, della Costituzione. 
    L'Intesa che dovrebbe considerarsi la concreta  esplicazione  del
principio  di  leale  collaborazione,  si  traduce,  invece,  in   un
intralcio alla gestione regionale delle risorse e delle competenze in
materia di TPL ed a cascata una seria  compromissione  dell'esercizio
delle funzioni amministrative da parte degli enti locali e, nel  caso
della Lombardia, anche  delle  Agenzie  TPL.  Infatti,  lo  strumento
dell'Intesa e' introdotto dall'art. 39 in parola, non per attuare  il
principio  di  leale  collaborazione  tra  Stato  e  regioni  ma  per
introdurre un momento di «controllo» contabile-finanziario, visto che
avrebbe  ad  oggetto   la   «verifica»   circa   l'effettivita'   del
trasferimento da parte delle regioni agli enti locali  delle  risorse
derivanti dall'Accordo  sancito  tra  Stato  e  regioni  in  sede  di
Conferenza unificata dell'11 settembre 2014 (specificamente  indicato
in norma). 
    A parere di Regione Lombardia, l'Intesa  prevista  dall'art.  39,
viene a snaturarsi, assumendo  finalita'  e  modalita'  inedite,  non
conformi alla Carta costituzionale, poiche' non costituisce strumento
di leale collaborazione  tra  regioni  e  Stato  ma  espressione  del
rapporto di gerarchia, tra essi,  ed  in  particolare,  strumento  di
controllo contabile-finanziario dello Stato sulle regioni. 
    Il rapporto fra competenze  statali  e  competenze  regionali  va
ricostruito alla luce del principio  cooperativo.  La  giurisprudenza
costituzionale e' tutta tesa  alla  graduazione  degli  strumenti  di
leale collaborazione, che vanno dallo scambio di  informazioni,  alla
consultazione e al parere, all'intesa «debole» ed all'intesa «forte».
Ma certo, gli strumenti  di  leale  collaborazione  vanno  introdotti
secondo il principio della ragionevolezza e  proporzionalita'  ovvero
graduandoli secondo la materia e la competenza, statale o  regionale,
concorrente o residuale, coinvolta. Nel caso di specie, la competenza
interessata e' quella residuale del trasporto pubblico locale  e  non
vi  sono,  nella  fattispecie,  aree  di  sovrapposizione  con  altre
competenze ed  interessi;  e  di  certo,  l'interesse  che  lo  Stato
potrebbe reclamare circa l'effettivo trasferimento delle  risorse  da
parte delle regioni agli enti locali sulle  funzioni  conferite,  non
puo'  tradursi  nella  apposizione  di  un  vincolo   relativo   alla
ripartizione di risorse afferenti ad altro Fondo, e quindi, ad  altre
competenze  e  funzioni  e  soprattutto,  nel  caso  in  esame,  alla
ripartizione di risorse per il  TPL  che  e'  materia  di  competenza
esclusivamente regionale. 
    Dopo la riforma del Titolo V della Parte II  della  Costituzione,
sono  aumentate  le  aeree  di  sovrapposizione  tra   competenze   e
interessi. Tutte le  materie  elencate  nel  secondo  e  terzo  comma
dell'art. 117, si dice abbiano perso di «solidita'» amministrativa  o
si «smaterializzano», perche'  non  sono  piu'  legate  a  specifiche
strutture e alle relative funzioni amministrative. Non  solo,  alcune
delle materie piu' importanti tra quelle  elencate  come  «esclusive»
dello Stato hanno subito  un  processo  di  rilettura  come  «materie
trasversali» (o «materie -  non  materie»,  o  «materie-obiettivo»  o
«materie-funzione»  o   «materie-valore   costituzionale»,   la   cui
principale caratteristica e' di non delimitare  ambiti  piu'  o  meno
precisi di competenza ma di  essere  costruite  per  interferire  con
competenze e  interessi  delle  regioni.  Dunque,  la  giurisprudenza
costituzionale ha concluso che con l'interferenza tra competenze,  si
ha l'esigenza di applicare il principio della leale collaborazione al
fine di arginare o, laddove possibile, evitare conflitti. 
    Regione Lombardia non crede pero' che  lo  strumento  dell'Intesa
sia necessario nel caso in esame, rispondendo all'esigenza di evitare
conflitti dovuti alla  «intersezione  di  materie»  quanto  piuttosto
venga a  costituire  uno  strumento  di  controllo,  espressione  del
desueto principio  di  gerarchia  tra  Stato  e  regioni  e  non  del
principio di leale collaborazione e di  parita'  tra  enti  parimenti
costitutivi della Repubblica. 
    Si ritiene che la sentenza n. 251 del  2016  sia  di  particolare
interesse anche  nell'esame  della  disposizione  impugnata,  perche'
specifica che le Intese devono essere condotte secondo  il  principio
di lealta' (sentenza n. 303 del 2003; di recente, sentenza n.  7  del
2016), nel caso di «competenze statali e regionali, inestricabilmente
connesse», il che non e' nella fattispecie, e comunque,  qualora  non
vi siano interessi esclusivamente imputabili al singolo ente autonomo
- come invece si da' il caso nella vicenda in esame;  dice,  infatti,
la Corte: 
    «In  armonia  con  tali  indicazioni,  l'evoluzione  impressa  al
sistema delle conferenze finisce  con  il  rivelare  una  fisiologica
attitudine dello Stato alla consultazione delle regioni e si  coniuga
con  il  riconoscimento,  ripetutamente  operato  da  questa   Corte,
dell'intesa in sede di Conferenza unificata, quale strumento idoneo a
realizzare la leale collaborazione tra lo Stato e  le  autonomie  (ex
plurimis, sentenze n. 88 del  2014,  n.  297  e  n.  163  del  2012),
«qualora   non   siano   coinvolti   interessi    esclusivamente    e
individualmente imputabili al singolo ente autonomo» (sentenza  n.  1
del 2016)». 
    L'art.  120,  comma   2,   associa   il   «principio   di   leale
collaborazione» al «principio di sussidiarieta'». Il concetto e'  ben
espresso, tra le altre, dalla sentenza n. 213  del  2006:  «L'analisi
dell'intreccio delle competenze deve essere effettuata caso per caso,
con   riguardo   alle   concrete   fattispecie   normative,   facendo
applicazione del principio di prevalenza e del principio fondamentale
di leale collaborazione,  che  si  deve  sostanziare  in  momenti  di
reciproco coinvolgimento istituzionale e di necessario  coordinamento
dei livelli di governo statale e regionale». 
    Nel caso di specie, e' dubbio che si possa parlare di sussistenza
di  un  criterio  di  prevalenza  a  favore  dello  Stato  anzi  deve
indubitabilmente  ritenersi   che   sussista   l'esclusivita'   della
competenza regionale in materia di  TPL  e  di  certo,  se  si  vuole
guardare anche all'Accordo richiamato dall'art. 39, il criterio della
prevalenza gioca a favore delle regioni, visto che la quasi totalita'
delle risorse sono destinate per  il  TPL.  Come  suggerisce  codesta
ecc.ma Corte, «l'analisi dell'intreccio delle competenze deve  essere
effettuata caso per caso»: la disposizione in esame non prefigura  un
intreccio  di  competenze,  un  «rovo  di  interessi»,  ma  solo   ed
esclusivamente l'errata necessita' del Governo di avere il  controllo
del flusso delle risorse statali tra regioni ed enti  locali;  ed  in
cio' utilizza lo strumento dell'Intesa, abusandone e dando ad esso un
contenuto differente rispetto a quello ritenuto dalla  giurisprudenza
costituzionale  e  dal  principio  di  lealta'  tra  enti   parimenti
costitutivi della Repubblica. Per i motivi che abbiamo gia' esposto e
che verremo a declinare anche in sede  di  richiesta  di  sospensione
dell'efficacia della norma impugnata, teniamo ad evidenziare che  nel
caso di specie, l'Intesa avra' effetti contrari a quelli  voluti  dal
legislatore, con il blocco delle risorse regionali sul TPL in  attesa
dell'erogazione - volutamente prevista come eventuale  -  dell'ultima
quota del 20% delle risorse di cui al Fondo nazionale TPL. 
    Richiamati,  in  linea  generale,   i   principi   che   regolano
l'individuazione della competenza legislativa, e che  devono  trovare
applicazione nelle fattispecie qui in esame, si deve stabilire se  le
norme impugnate possano essere ricondotte alla materia «coordinamento
della finanza pubblica» ex art. 117,  comma  3,  della  Costituzione,
unica giustificazione perche' possa  non  dirsi  violato  l'art.  119
della Costituzione. 
    Regione Lombardia ritiene che la  disposizione  impugnata  ecceda
tali confini,  attribuendo  direttamente  al  Governo  un  potere  di
verifica  sull'intero  spettro  delle  attivita'   amministrative   e
finanziarie della Regione, e cio' anche nel caso non  sussista  alcun
squilibrio finanziario. 
    Come ha precisato codesta ecc.ma Corte con sentenza  n.  219  del
2013, «il grado e la rilevanza costituzionale dell'autonomia politica
della Regione si misura  anche  sul  terreno  della  sottrazione  dei
propri  organi  e  dei  propri  uffici  ad  un  generale  potere   di
sorveglianza da parte del Governo, analogo a quello che spetta invece
nei  confronti  degli  enti  appartenenti  al  plesso   organizzativo
statale, ai sensi dell'art. 117, secondo  comma,  lettera  g),  della
Costituzione... 
    Allo scopo di contemperare l'autonomia costituzionale del sistema
regionale con l'interesse unitario alla sana gestione  amministrativa
e finanziaria, e a soli fini collaborativi, l'art. 3 della  legge  n.
20 del 1994 ha individuato nella Corte dei conti  l'organo  al  quale
riservare  il  potere  di  "effettuare   e   disporre   ispezioni   e
accertamenti diretti", anche nei  confronti  delle  regioni  e  delle
province autonome». 
    Regione Lombardia ritiene che la norma impugnata superi il  punto
di sintesi che si era in tal modo raggiunto a  tutela  dell'autonomia
regionale, affidando al Governo l'esercizio di un potere di  verifica
in danno delle regioni. Tale assetto normativo eccede  i  limiti  dei
principi di coordinamento della  finanza  pubblica  e  si  ripercuote
sulla competenza legislativa regionale.  Anzitutto,  poiche'  riserva
all'apparato ministeriale un compito che non gli e' proprio, in danno
della autonomia regionale, e poi perche' cio' accade  in  difetto  di
proporzionalita' tra il mezzo impiegato ed il fine perseguito. 
    Si ricorda che l'art. 16-bis del decreto-legge 6 luglio 2012,  n.
95 prevede - non e' stato abrogato - che i criteri e le modalita' con
cui ripartire e trasferire alle regioni le risorse del fondo TPL sono
definiti con decreto del Presidente del Consiglio  dei  ministri,  su
proposta  del  Ministro  delle  infrastrutture  e  dei  trasporti  di
concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da  emanarsi,
ai sensi dell'art. 8 della legge 28 agosto 1997, n. 281, d'intesa con
la Conferenza  unificata.  La  disciplina  del  Fondo  testimonia  la
illegittimita' dell'art. 39: e' mancata l'Intesa sulla determinazione
dei criteri di riparto e delle  modalita'  con  cui  trasferire  alle
regioni; l'Intesa per come disciplinata oggi non corrisponde a quella
originariamente prevista  dall'art.  16-bis,  evidenziandone  la  sua
incostituzionalita'. 
3. Illegittimita' costituzionale dell'art. 39  del  decreto-legge  24
aprile 2017, n. 50, coordinato con la legge di conversione 21  giugno
2017, n. 96, recante «Disposizioni urgenti  in  materia  finanziaria,
iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per
le zone colpite da eventi sismici e  misure  per  lo  sviluppo»,  per
violazione del principio di competenza di cui all'art. 117, comma  4,
della Costituzione, per violazione dell'art. 118, commi 1 e 2,  della
Costituzione e per violazione del principio di autonomia  finanziaria
della spesa di cui all'art. 119, commi 1, 2 e 4, della Costituzione. 
    La norma in argomento viola il principio di attribuzione ex  art.
117, comma 4, della Costituzione: tale previsione e', infatti, lesiva
del principio di competenza che vuole il  trasporto  pubblico  locale
tra le materie di competenza residuale regionale,  rappresentando  la
norma  impugnata  una  indebita  intromissione  nell'esercizio  delle
competenze  legislative  ma  anche  amministrative   delle   regioni,
risultando la norma illegittima  anche  con  riguardo  all'art.  118,
comma 2, della Costituzione il  quale  prevede  che  ad  allocare  le
funzioni amministrative debba essere  il  legislatore  statale  nelle
materie di propria competenza ed il legislatore regionale nelle altre
materie. 
    Infatti, se lo Stato puo' allocare funzioni amministrative  nelle
materie di cui ai commi 3  e  4  dell'art.  117  della  Costituzione,
avocandole a se stesso, in  virtu'  dell'art.  118,  comma  1,  della
Costituzione, e' vero anche che cio' e' possibile solo ove  ricorrano
i presupposti della c.d. chiamata in sussidiarieta' ovvero  nel  caso
in cui il livello regionale risulti inadeguato allo svolgimento della
specifica funzione amministrativa considerata. 
    Nella fattispecie,  la  disposizione  impugnata  incide  -  senza
allocarle   diversamente   -   sullo   svolgimento   delle   funzioni
amministrative del livello regionale e del livello locale, in materia
di  trasporto,  a  prescindere  da  una  verifica   circa   la   loro
adeguatezza; il giudizio sulla adeguatezza attiene piuttosto ad altro
ovvero all'attuazione dell'Accordo 11 settembre 2014 che come abbiamo
sopra esposto,  ha  ad  oggetto  plurime  materie.  Ne  consegue  che
l'interferenza del legislatore statale non si traduce in una  diversa
allocazione delle funzioni amministrative delle regioni quanto in una
«sanzione»   finanziaria   a   carico   delle   medesime   la   quale
indubitabilmente verra' a riverberarsi sull'esercizio delle  funzioni
amministrative in materia di TPL svolte proprio da quegli enti locali
che il legislatore statale vorrebbe  salvaguardare.  Tale  «sanzione»
oltre tutto viene a colpire  il  settore  del  TPL,  su  cui  non  si
introduce alcun meccanismo che valuti l'adeguatezza  -  inadeguatezza
del livello regionale in materia. 
    Tale previsione e'  infine  lesiva  del  principio  di  autonomia
finanziaria della spesa riconosciuta alle regioni dall'art. 119 della
Costituzione, in quanto l'assetto normativo ex  art.  39  in  parola,
eccede i limiti propri dei principi di  coordinamento  della  finanza
pubblica, per come detto al punto n. 2. 
    La  Corte  costituzionale,  con  sentenza  n.   222   del   2005,
pronunciandosi sulla legittimita' costituzionale di una  disposizione
della legge finanziaria 2004 recante l'istituzione di un fondo per il
conseguimento dei risultati di maggiore  efficienza  e  produttivita'
nel  settore  del  TPL  ha  precisato  che  detta   materia   rientra
nell'ambito delle competenze residuali delle regioni di cui al quarto
comma dell'art. 117 della Costituzione, «come reso evidente anche dal
fatto che, ancor prima della riforma del Titolo V della Costituzione,
il  decreto  legislativo  19  novembre  1997,  n.  422  [...]   aveva
ridisciplinato l'intero settore, conferendo alle regioni ed agli enti
locali funzioni e compiti relativi a tutti  i  "servizi  pubblici  di
trasporto di interesse regionale e  locale  con  qualsiasi  modalita'
effettuati ed in qualsiasi  forma  affidati"  ed  escludendo  solo  i
trasporti pubblici di interesse nazionale». 
    Il riconoscimento espresso dell'appartenenza  della  materia  del
TPL alla competenza generale delle regioni costituisce la base da cui
la Corte fa discendere alcuni corollari: per quel che piu' interessa,
secondo codesta ecc.ma Corte, il legislatore statale non  puo'  porsi
«in contrasto con i criteri e i  limiti  che  presiedono  all'attuale
sistema di autonomia finanziaria regionale, delineato dal nuovo  art.
119 della Costituzione, che non consentono finanziamenti di scopo per
finalita'  non  riconducibili  a  funzioni  di   spettanza   statale»
(sentenza n.  423  del  2004):  le  eccezioni  a  tale  divieto  sono
possibili solo nell'ambito e negli stretti limiti di quanto  previsto
negli articoli 118, primo comma, 119, quinto comma,  e  117,  secondo
comma, lettera e), della Costituzione (cfr. sentenze n. 160 e  n.  77
del 2005, n. 320 e n. 49 del 2004, n. 16 del 2004 e n. 370 del 2003). 
    Si ricorda che il quinto comma dell'art. 119 della Costituzione -
sempre secondo la costante giurisprudenza della Corte  costituzionale
(sentenza n. 423 del 2004)  -  autorizza  lo  Stato  ad  attuare  due
specifiche e tipizzate forme di intervento finanziario nelle  materie
di competenza delle regioni e degli enti locali:  o  l'erogazione  di
risorse aggiuntive  rispetto  alla  ordinaria  autonomia  finanziaria
regionale o locale oppure la realizzazione di  «interventi  speciali»
«in favore di: determinati Comuni, Province, Citta'  metropolitane  e
Regioni» (cfr. sentenza n. 16 del 2004). 
    A questo punto, si ritiene utile richiamare anche la sentenza  n.
273 del 2013 che ha deciso della  legittimita'  del  Fondo  nazionale
trasporti di cui all'art. 16-bis, comma 1, del decreto-legge 6 luglio
2012, n. 95, dichiarando che  lo  stesso  non  e'  riconducibile  ne'
all'ipotesi delle «risorse aggiuntive» ne' al caso degli  «interventi
speciali». La Corte ritiene che il Fondo abbia per «scopo» quello «di
assicurare un livello uniforme  di  godimento  dei  diritti  tutelati
dalla Costituzione stessa (sentenza n. 232 del 2011). 
    Le  suindicate  finalita'  e  il  contesto  nel  quale  e'  stato
realizzato l'intervento del legislatore statale diretto  a  garantire
un contributo al finanziamento del  trasporto  pubblico  locale,  per
garantire quelle esigenze di omogeneita' nella fruizione del servizio
che rispondono ad inderogabili esigenze unitarie, valgono pertanto  a
differenziare  la  fattispecie  in  esame  dalle  ipotesi,   soltanto
apparentemente omologhe, in cui il legislatore statale, in materia di
competenza regionale, prevede finanziamenti vincolati, ovvero rimette
alle Regioni una determinata materia pretendendo poi di fissare anche
la relativa disciplina (sentenza n. 10 del 2010)». 
    Con la sentenza n. 273 del 2013, codesta ecc.ma Corte ha rilevato
che non puo' ragionarsi della adeguatezza o meno del servizio  TPL  e
che comunque si pongono  come  «imperiose»  le  esigenze  sociali  di
concorrere  al  finanziamento  statale  del  TPL,  dicendo  che:  «al
momento, pur non potendo dirsi determinato ne' il livello  essenziale
delle prestazioni del  trasporto  pubblico  locale,  ne'  il  livello
adeguato di servizio, l'esigenza di assicurare  la  garanzia  di  uno
standard di omogeneita' nella fruizione  del  servizio  su  tutto  il
territorio  nazionale  ha  richiesto   il   costante   concorso   del
legislatore statale al  finanziamento  delle  funzioni  riconducibili
alla materia in cui si controverte nel  presente  giudizio».  Con  la
disposizione in controversia, deve dirsi che il  legislatore  statale
si e' orientato in senso opposto a quanto operato  con  l'istituzione
del Fondo Trasporti e che la Corte aveva riconosciuto meritevole  per
la natura di servizio pubblico del TPL. 
    In breve, l'art. 39 anziche' prevedere ulteriori risorse  per  il
trasporto e  renderne  certe  le  relative  entrate  per  il  livello
regionale, produce  l'effetto  contrario  andandole  a  ridurle  e  a
renderle incerte nel loro ammontare complessivo. 
    Per  i  motivi  sopra  esposti,  si  chiede  che  l'art.  39  del
decreto-legge 24 aprile 2017, n.  50,  coordinato  con  la  legge  di
conversione 21 giugno 2017, n. 96, recante «Disposizioni  urgenti  in
materia finanziaria, iniziative a  favore  degli  enti  territoriali,
ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici  e  misure
per lo sviluppo», venga dichiarato  incostituzionale  per  violazione
dell'art. 114, commi 1 e 2, della Costituzione; dell'art. 117,  commi
3 e 4, della Costituzione; dell'art. 118, commi 1  e  2  ;  dell'art.
120, comma 2, della Costituzione; dell'art. 119,  commi  1,  2  e  4,
della  Costituzione;  nonche'  per  violazione   del   principio   di
ragionevolezza, proporzionalita'  e  legittimo  affidamento  (art.  3
della Costituzione) e del principio del  buon  andamento  dell'azione
amministrativa (art. 97 della Costituzione). 
Istanza di sospensione dell'efficacia dell'art. 39 del  decreto-legge
24 aprile 2017, n. 50, coordinato con  la  legge  di  conversione  21
giugno 2017, n. 96. 
    L'articolo in oggetto prevede che, per il quadriennio  2017-2020,
una quota del 20% del fondo nazionale  per  il  concorso  finanziario
dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale sia riconosciuta
«a condizione che la regione entro il 30 giugno di ciascun anno abbia
certificato,  in  conformita'  alla  legge  regionale  di  attuazione
dell'Accordo sancito tra  Stato  e  regioni  in  sede  di  Conferenza
unificata dell'11 settembre 2014, l'avvenuta  erogazione  a  ciascuna
provincia e citta'  metropolitana  del  rispettivo  territorio  delle
risorse per l'esercizio delle funzioni ad  esse  conferite.»  Prevede
inoltre che tale certificazione venga «formalizzata»  tramite  intesa
in Conferenza unificata entro il 10 luglio di ogni  anno  e  che,  in
caso di mancata intesa, il «riconoscimento in  favore  della  regione
interessata» venga deliberato dal Consiglio dei ministri, su proposta
del Dipartimento per gli affari regionali. 
    Per effetto di tale disposizione, l'accertamento della quota  del
suddetto fondo nazionale nei bilanci regionali  si  ridurra'  all'80%
rispetto agli anni precedenti,  in  ragione  dell'accantonamento  del
predetto 20%, con conseguente  decurtazione  di  pari  importo  delle
assegnazioni e delle relative erogazioni agli enti e alle aziende  di
trasporto.  La  Commissione  Arconet  ha  avvalorato  tale   percorso
contabile. L'art. 39 in  esame  e'  vigente  a  far  data  dalla  sua
pubblicazione  in  Gazzetta  Ufficiale  ovvero  dal  23  giugno  2017
eppertanto per l'anno  in  corso  le  regioni  che  hanno  anticipato
mensilmente quote del Fondo nazionale trasporto,  facendo  conto  sul
100% delle risorse ad esse destinate, si troveranno nella  necessita'
di rideterminare gli importi da versare, avendo a riferimento l'80  e
non il 100% delle risorse previste, dovendo  andare  a  conguagliarli
con quelli gia' erogati. 
    Per Regione Lombardia la quota di cui alla Tabella 1 del  decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri  11  marzo  2013  risultava
pari al 17,30% del Fondo. In  sede  di  Conferenza  Unificata  del  5
agosto 2014 (ai sensi dell'art. 4  del  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri 11 marzo 2013)  le  aliquote  di  riparto  del
Fondo tra le regioni sono  state  modificate,  sia  pure  in  entita'
minimale, in quanto per una piccola quota  del  Fondo,  riconducibile
alle risorse precedentemente in capo a Trenitalia, si  e'  aggiornata
la produzione kilometrica  di  riferimento  al  valore  del  2010.  A
seguito di tale modifica in  particolare  per  Regione  Lombardia  la
quota del Fondo e' passata dal 17,30% al 17,36%. Tali  aliquote  sono
rimaste invariate per le successive annualita'  2015,  2016  e  2017;
l'art. 4 del decreto del Presidente del  Consiglio  dei  ministri  11
marzo 2013 - in  attuazione  dell'art.  16-bis  del  decreto-legge  6
luglio 2012, n. 95 -, che  prescriveva  tra  l'altro  un  adeguamento
triennale delle percentuali della Tabella 1, non  ha  finora  trovato
attuazione. 
    Il decreto del Presidente del Consiglio  dei  ministri  11  marzo
2013 - in attuazione dell'art.  16-bis  del  decreto-legge  6  luglio
2012, n. 95 - prevedeva anche riduzioni del 10% dei trasferimenti nel
caso di mancato raggiungimento degli obiettivi posti dalla disciplina
del Fondo ma non si e' mai voluto darvi corso per non compromettere i
servizi TPL. 
    Per l'anno 2017 l'art. 27 del decreto-legge n. 50 del  24  aprile
2017 prevede al comma 1 una riduzione dello  stanziamento  del  Fondo
nazionale trasporto per gli  anni  2017  e  2018  rispetto  a  quanto
approvato con il bilancio di previsione dello Stato,  richiamando  la
necessita' di «sterilizzare i conguagli di  cui  all'articolo  unico,
comma 4, del decreto del Presidente del  Consiglio  dei  ministri  26
luglio 2013 con riferimento agli anni 2013 e successivi», con il fine
di rendere meno incerto il quadro delle risorse delle regioni. 
    Questo ha gia' comportato, nel corrente anno, una  criticita'  ad
esercizio in corso, in quanto il valore del Fondo e' stato ridotto di
70 milioni rispetto a quanto inizialmente preventivato.  Si  richiama
in proposito il  trend  dell'importo  totale  del  Fondo  negli  anni
(milioni di euro arrotondati): 
        2013: 4.929 M€ 
        2014: 4.918 M€ 
        2015: 4.925 M€ 
        2016; 4.925 M€ (inizialmente 4.850, poi riallineato al valore
dell'anno precedente) 
        2017: 4.789 (inizialmente previsti 4.859) 
        2018: 4.932 (inizialmente previsti 5.032). 
    In base a quanto sopra evidenziato, l'applicazione  dell'art.  39
in esame, crea diverse incoerenze all'interno  del  decreto-legge  n.
50/2017, ad es. con l'art. 27. 
    Tale norma, infatti, disciplinando i criteri e  le  modalita'  di
riparto  del  Fondo  prevede  in  piu'  parti   delle   clausole   di
salvaguardia sulle aliquote del Fondo e sull'erogazione delle risorse
con lo scopo di impedire che eccessive  variazioni  in  corso  d'anno
delle risorse assegnate alle singole regioni causino  gravi  ricadute
sulla programmazione, sull'esercizio e sul pagamento dei servizi TPL,
ad es.: 
        art. 27, comma 2, lettera  e)  «in  ogni  caso,  al  fine  di
garantire  una  ragionevole  certezza   delle   risorse   finanziarie
disponibili, il riparto derivante dall'attuazione delle lettere da a)
a d) non puo' determinare per ciascuna regione  una  riduzione  annua
maggiore  del  cinque  per  cento  rispetto  alla  quota   attribuita
nell'anno precedente; ove l'importo complessivo del  Fondo  nell'anno
di riferimento sia inferiore  a  quello  dell'anno  precedente,  tale
limite e' rideterminato in misura proporzionale  alla  riduzione  del
Fondo medesimo. 
        Nel primo quinquennio di applicazione  il  riparto  non  puo'
determinare per ciascuna regione, una riduzione annua maggiore del 10
per cento rispetto alle risorse trasferite nel  2015;  ove  l'importo
complessivo del Fondo nell'anno di riferimento sia inferiore a quello
del 2015, tale limite e' rideterminato in misura  proporzionale  alla
riduzione del Fondo medesimo.»; 
        art.  27,  comma  3:  «Al  fine  di   garantire   un'efficace
programmazione delle risorse, gli effetti finanziari sul riparto  del
Fondo, derivanti dall'applicazione delle disposizioni di cui al comma
2 si verificano nell'anno successivo a quello di riferimento.». 
    Dunque, il  decreto-legge  n.  50/2017,  da  un  lato,  cerca  di
tutelare la stabilita' del sistema TPL, con modifiche graduali  degli
stanziamenti derivanti da penalita'  (art.  27),  e  dall'altra,  con
l'art. 39 in esame, prefigura un taglio del 20% dello stanziamento in
corso d'anno senza certezza di tempi  riguardanti  l'assegnazione  di
tale   quota   e   mettendo   di   conseguenza   anche   le   regioni
nell'impossibilita' di poter disporre di  una  quota  del  20%  dello
stanziamento. 
    Si prefigura per le regioni una riduzione in  corso  d'anno  (per
Regione Lombardia si tratterebbe sicuramente gia' da settembre) degli
stanziamenti a favore degli enti locali  e  delle  agenzie  TPL,  non
potendo disporre in spesa della quota del  20%  del  Fondo  nazionale
trasporti, sulla base delle indicazioni che  sono  state  date  sulla
applicazione della norma impugnata e dei principi contabili da  parte
della   Commissione   Arconet.   Quest'ultima   affermazione   deriva
dall'esito  di  specifico  quesito  posto  alla  Commissione  ARCONET
(Commissione per l'armonizzazione degli enti  territoriali  istituita
presso il Ministero dell'economia e delle finanze, con  l'art.  3-bis
del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, corretto e  integrato
dal decreto legislativo 10 agosto 2014, n. 126), di  cui  si  riporta
l'esito, pubblicato sul sito  del  Ministero  dell'economia  e  delle
finanze, nella sezione dedicata al  resoconto  delle  riunioni  della
Commissione medesima, e reso  nella  riunione  del  14  giugno  2017,
estrapolato come di seguito: 
    «Considerato che l'art. 39 del decreto-legge n.  50/2017  prevede
che il 20% del fondo nazionale trasporti e'  riconosciuto  a  seguito
dell'intesa di cui al comma 1, o della  delibera  del  Consiglio  dei
ministri, e' possibile considerare tale entrata come  ragionevolmente
accertabile, e stanziarla, per  l'intero  importo,  nel  bilancio  di
previsione. 
    L'entrata  sara'  accertata   a   seguito   della   registrazione
dell'impegno da parte del bilancio dello Stato.  A  maggior  ragione,
nelle more dell'intesa o della delibera della PCM, il 20%  del  fondo
nazionale trasporti non puo' essere accertato. 
    (Si noti che se le se somme vincolate non sono accertate  non  e'
possibile assumere l'impegno di spesa relativo). 
    Nel caso in cui, a seguito della mancata intesa e della  proposta
del  Dipartimento  per  gli  Affari  regionali,  la  Presidenza   del
Consiglio non riconosca alla regione il 20 per cento del fondo per il
trasporto pubblico locale, sara' necessario ridurre gli  stanziamenti
di bilancio riguardanti l'entrata per il fondo  nazionale  trasporti,
con apposita variazione di bilancio. 
    In ogni caso, nel corso della gestione  e'  necessario  garantire
l'allineamento tra il complesso degli accertamenti e degli impegni.». 
    Si dovra' pertanto procedere alla riduzione dei servizi,  laddove
gli enti gestori non possano sopperire  con  risorse  proprie  o  con
aumenti tariffari  sulla  base  della  normativa  regionale  vigente,
concentrando un taglio di tali dimensioni negli ultimi mesi dell'anno
con gravi conseguenze su tutto il territorio: 
        possibile interruzione  del  servizio  TPL  che  e'  servizio
pubblico essenziale; 
        isolamento  dei   territori   periferici:   i   servizi   TPL
maggiormente penalizzati risulterebbero infatti i servizi interurbani
in quanto le province (precedentemente titolari degli affidamenti ora
in capo alle Agenzie di bacino del TPL) non dispongono di risorse per
finanziare i servizi gia' allo stato attuale ed a maggior ragione non
sarebbero in grado di poter sopperire finanziariamente alla riduzione
dei trasferimenti statali alle regioni; 
        possibili licenziamenti da parte delle aziende  di  trasporto
pubblico del personale di  esercizio/amministrativo,  a  causa  della
riduzione dei servizi; 
        gravi disagi all'utenza soprattutto per i pendolari  che  non
potrebbero piu' raggiungere il luogo di lavoro o i luoghi  di  studio
utilizzando i mezzi pubblici; 
        perdita  di  competitivita'  del  territorio  a  causa  della
perdita di qualita'  del  sistema  del  trasporto  pubblico,  che  in
Regione  Lombardia   ha   sempre   rappresentato   un   elemento   di
attrattivita' per l'insediamento delle attivita' economiche e per  la
popolazione; 
        aumento dell'inquinamento ambientale a causa della spinta  ad
utilizzare il mezzo privato (automobili, ecc...) per gli  spostamenti
con possibili conseguenze anche di procedure di infrazioni  da  parte
della UE; 
        incremento della congestione stradale  a  causa  dell'aumento
dell'utilizzo del mezzo privato per gli spostamenti dei  pendolari  e
conseguenti effetti negativi anche sul sistema del trasporto merci su
gomma, con ricadute sul sistema anche della logistica merci; 
    Tutti gli effetti sopra  illustrati  saranno  gia'  concreti  per
Regione Lombardia dal mese di settembre 2017; e cio', non solo con la
riduzione  delle  assegnazioni,  ma  anche  con  l'interruzione   dei
pagamenti a favore degli enti (titolari  degli  affidamenti),  con  i
conseguenti probabili disordini pubblici e contenziosi verso gli enti
e verso Regione Lombardia i quali saranno promossi dalle aziende  TPL
sottoscrittrici  dei  contratti  di  servizio  e  delle   concessioni
amministrative in corso. 
    Inoltre il mancato stanziamento  della  quota  del  20%  potrebbe
ingenerare un meccanismo di  ulteriori  decurtazioni,  poiche',  come
precedentemente  specificato,  una  quota  del  10%  del   Fondo   e'
riconosciuta ex art. 27 citato (con eventuali  conguagli  positivi  o
negativi nell'anno successivo secondo quanto gia' evidenziato), sulla
base di indicatori che misurano l'efficacia/efficienza del servizio e
appare evidente che, nel caso in cui avvenisse il taglio del  20%  in
corso d'anno o la garanzia di erogazione fosse  comunicata  in  tempi
non utili per la programmazione  dei  servizi  e  per  l'assegnazione
delle relative risorse da parte di Regione, tutti gli  indicatori  di
efficacia ed efficienza verranno  a  peggiorare  non  potendosi  piu'
garantire lo stesso livello  di  servizio,  in  assenza  di  adeguate
risorse. 
    Per tutti questi motivi si chiede che la  norma  impugnata  venga
sospesa.